La valutazione dei costi dell’UE, della sua struttura amministrativa e i relativi benefici sono temi ricorrenti nel discorso pubblico. Facciamo chiarezza.

Costo Unione Europea, molti aspetti da considerare

La recente crisi di governo e l’accendersi del dibattito politico su molti temi, tra cui quello dei fondi europei e della potenziale “perdita di opportunità” in caso di ritardi sul PNRR, riportano alla luce una domanda molto frequente e dibattuta, dai risvolti ampi e interessanti: quanto costa l’Europa e (in parallelo) quanto costa la “non-Europa”?

Come spesso succede quando domande (apparentemente semplici) hanno a che fare con dati numerici, è necessaria una piccola introduzione di chiarimento metodologico.

La domanda può essere riformulata in almeno due modi diversi, che danno luogo a risposte diverse, entrambe significative e complementari:

Proveremo a dare una risposta a entrambe le domande. Per entrambe, cercheremo di chiarire il margine di variabilità dei dati, sulla base dei parametri considerati e di valutazioni che non sono in tutti i casi puramente aritmetiche.

Costi ed efficacia dell’amministrazione europea

La prima domanda, più circoscritta, riguarda i costi della “macchina amministrativa” europea rispetto ai suoi omologhi nazionali e locali. Nell’analizzare i dati occorre tener presenti alcuni fattori che distinguono strutturalmente la “macchina amministrativa” europea dalle altre “macchine amministrative” nazionali e locali:

Fatte queste dovute premesse, proviamo a comparare il bilancio di previsione del 2022 di tre amministrazioni diverse: l’Unione europea, lo Stato italiano e il Comune di Roma (i documenti di partenza sono consultabili attraverso i rispettivi link).

Unione europea Stato italiano Comune di Roma
Budget totale (milioni di €) 167.516 1.093.956 13.924
Spese amministrative (milioni di €) (*) 11.058 421.169 2.022
Spese amministrative / Spese totali (%) 7% 38% 15%
Budget totale / abitanti (€ per abitante) 375 18.547 5.048
Spese amm.ve / abitanti (€ per abitante) 25 7.141 733

(*) N.B.: Le spese amministrative sono registrate in modo diverso nei tre documenti di riferimento. L’ammontare relativo al Comune di Roma potrebbe risultare sottostimato, quello relativo allo Stato italiano sovrastimato. I dati danno comunque un’idea indicativa degli ordini di grandezza. Nello specifico:

Sulla base di questi dati e di queste premesse, possiamo concludere che:

Gli interventi dell’Unione europea, negli stati membri e in tutto il mondo, sono gestiti da una struttura amministrativa che “costa” 11 miliardi l’anno, ovvero meno del bilancio annuale del Comune di Roma (quasi 14 miliardi).

Queste e altre considerazioni di carattere quantitativo sono anche analizzate in un’apposita pagina a cura della Commissione europea. La valutazione qualitativa dell’efficacia di una pubblica amministrazione è invece una questione più complessa, multidimensionale e non riconducibile a semplici aspetti numerici.

L’efficacia comparativa della pubblica amministrazione comunitaria sembra confermata, innanzitutto, da un maggior peso della spesa per interventi rispetto alla spesa puramente amministrativa (anche se, come già ricordato, questo dipende anche dalle caratteristiche e dal particolare ambito d’azione dell’amministrazione dell’UE rispetto ai suoi omologhi nazionali e locali).

Inoltre, un apposito studio dell’OCSE (2017) ha attestato una maggior presenza e un maggior uso, nel sistema comunitario, di strutture, modelli e procedure di “performance budgeting” (in cui l’allocazione delle risorse è condizionata dai risultati delle politiche che con quelle risorse vengono finanziate). L’OCSE ha calcolato che l’indice di applicazione del “performance budgeting” in ambito comunitario è di circa il 70%, è superiore sia alla media OCSE (55% circa) sia all’indice per l’Italia (25% circa).

Inoltre, lo stesso studio indica che nel 50% dei casi l’efficacia del quadro finanziario dei programmi finanziati dall’UE è valutabile come migliore di quella dei programmi finanziati a livello nazionale; nel 42% come simile o difficilmente comparabile; e solo nell’8% dei casi come meno buona.

Pur con tutte le migliorie possibili (sottolineate dallo stesso studio dell’OCSE), possiamo dunque concludere che l’UE utilizza un budget molto più esiguo e gestito in modo relativamente migliore rispetto alle amministrazioni nazionali e locali. Lo fa in ogni caso applicando il cosiddetto principio di sussidiarietà, ovvero le sue competenze intervengono soltanto nel caso in cui la stessa funzione non possa essere svolta altrettanto efficacemente a un livello inferiore, più vicino al cittadino.

Costi e benefici dell’appartenenza all’Unione europea

La seconda domanda che abbiamo individuato è più ampia e punta ad analizzare costi e benefici dell’appartenenza all’Unione europea per un paese e per i suoi cittadini. Ancor più che per la domanda precedente, la questione è difficilmente risolvibile con un semplice calcolo aritmetico.

Iniziamo tuttavia a mostrare le stime di un calcolo aritmetico che viene spesso proposto nel discorso mediatico: quanto “danno” e quanto “ricevono” gli stati dall’Unione europea in termini di esborsi finanziari? Le stime (in miliardi di euro) indicano che nel 2017 Germania (+13), Regno Unito (+7,5), Francia (+4,5), Italia (+4) e Paesi Bassi (+3,5) erano, in termini di trasferimenti, i principali “contributori netti” dell’Unione europea; Polonia (-8), Grecia (-4), Romania (-3,5), Ungheria (-3) e Portogallo (-2,5) i principali “beneficiari netti”.

Qual è il valore di questa stima aritmetica? Rispondiamo con alcuni dati comparativi:

Il dato aritmetico ha dunque un peso molto relativo nell’economia generale delle finanze italiane e dei fondi europei nel loro complesso.

L’analisi assume un valore più significativo se si considerano i benefici derivanti dall’appartenenza all’Unione europea e dall’utilizzo dell’euro: aspetti che possono essere approfonditi nel Capitolo 1.2. della Guida e su apposite pubblicazioni della Commissione europea (sulle conquiste dell’UE; sui risultati dell’integrazione europea; sui vantaggi dell’euro). Ne citiamo alcuni, di natura prettamente economica:

A questi aspetti puramente economici se ne possono naturalmente aggiungere molti altri altrettanto importanti, quali ad esempio la pace duratura tra paesi europei, misure comuni e all’avanguardia nel mondo per la tutela dei diritti dei cittadini, la libertà di muoversi, vivere, comunicare e lavorare in Europa, l’appartenenza a un sistema di valori che è un punto di riferimento nel mondo in termini sociali, ambientali, di aiuto allo sviluppo e di progresso umano e tecnologico.

Un punto di vista originale e complementare in questa analisi è rappresentato dal filone di studi sul “costo della non-Europa”: ovvero lo studio dei benefici economici e sociali persi da ciascuno degli Stati membri a causa della mancata costituzione di soluzioni uniche, coerenti e integrate a livello europeo in vari ambiti (economici, commerciali, infrastrutturali, sociali, ecc.).

Il primo di questi studi risale agli anni ’80 e fu affidato dal Presidente della Commissione Jacques Delors all’economista Paolo Cecchini. 

Questa metodologia è stata ripreso nel 2014 dai servizi del Parlamento Europeo, per definire le successive priorità dell’azione e della programmazione europea. Il nuovo studio ha stimato che l’economia dell’UE potrebbe ottenere, nel tempo, miglioramenti pari a circa 800 miliardi di euro (il 6% del PIL comunitario) grazie a misure comuni, gestite a livello comunitario (elencate qui sotto per ambito d’intervento).

Mercato unico digitale 260
Mercato unico per consumatori e cittadini 235
Completamento dei mercati finanziari 60
Accordo commerciale transatlantico 60
Mercato dell’energia integrato 50
Unione bancaria  35
Coordinamento delle politiche fiscali 31
Garanzia comune dei depositi 30
Sicurezza e difesa comune 26
Assicurazione-disoccupazione minima 15
Parità di retribuzione per lo stesso lavoro 13
IVA ed evasione fiscale 7
Lotta contro la violenza di genere 7
Spazio unico dei trasporti 5
Consultazione dei lavoratori 3
Altro 2
Totale (miliardi di euro) 839

 

Nel 2020 gli economisti della Banca Centrale Europea hanno ripreso ulteriormente lo studi di Cecchini, stimando che l’introduzione del Mercato Unico in Europa (quindi la sola misura più tipicamente “economica” dell’UE) abbia aumentato il PIL pro capite comunitario in una misura variabile tra il 12% e il 22% (ovvero di circa 2400 miliardi di euro, applicando le dovute proporzioni ai dati indicati sopra).

Altri aspetti ancora più specifici e aggiornati legati a questo filone di studi possono essere approfonditi in una apposita piattaforma curata dal servizio di ricerca del Parlamento europeo. Per scoprire, ad esempio, qual è il “costo della non-Europa” nell’ambito:

Per quanto i temi di questa seconda analisi siano evidentemente più complessi, tutti i dati e le ricerche suggeriscono che i benefici dell’UE sono molto più grandi degli eventuali costi; e che anzi, il vero costo per i cittadini europei e per gli Stati membri è piuttosto costituito da quello della “non-Europa”.

Costo Unione Europea: in conclusione

Una domanda apparentemente semplice (Quanto costa l’Unione europea?) ha generato una risposta molto ampia e sfaccettata: come era doveroso che fosse perché, come abbiamo visto, si tratta di un tema complesso che in alcuni casi viene semplificato o presentato in modo incompleto, se non strumentale. Riassumiamo qui di seguito le principali conclusioni:

Ci auguriamo che questo articolo contribuisca a migliorare la comprensione comune riguardo all’utilizzo e all’impatto del bilancio comunitario sui cittadini europei: un tema generale, ma importante per chi lavora tutti i giorni con i fondi europei.