Vi abbiamo recentemente raccontato le grandi innovazioni introdotte a Torino dal progetto ProGIreg: con un finanziamento di 10 milioni di euro (di cui oltre 2,5 per i partner torinesi), un grande consorzio europeo sperimenta su larga scala nuove tecniche di forestazione urbana per riqualificare le aree post-industriali del quartiere Mirafiori Sud.

Per approfondire il progetto “dall’interno” abbiamo intervistato Emanuela Saporito, ricercatrice, architetto e community planner di OrtiAlti, che ci racconta l’esperienza di una piccola associazione e le tappe che l’hanno portata al successo e alla partecipazione ad un grande progetto europeo!

Tutto è iniziato con il rooftop farming. Non ne avete mai sentito parlare e vi chiedete come possa contribuire alla riqualificazione ambientale e sociale di ampie aree di Torino?

Facciamo qualche passo indietro e scopriamolo insieme!

Raccontateci la vostra idea: com’è nata? In cosa consiste e perché è diversa dalle altre? Con quale gruppo od organizzazione l’avete realizzata?

La nostra idea di sperimentare soluzioni di “verde produttivo” in città parte da lontano, dal sodalizio con Elena Carmagnani, mia socia e cofondatrice dell’associazione OrtiAlti. Con lei ho sempre condiviso, insieme ad un percorso professionale e di amicizia, la passione per i molti modi in cui la natura può rispondere alle sfide delle città contemporanee.

Oggi OrtiAlti è l’unico soggetto attivo nel nostro territorio su tematiche di community farming e rooftop farming, un concetto innovativo ma anche semplice e antico: l’utilizzo dei tetti (che costituiscono circa il 20% della superficie di una città) per creare zone di produzione agricola urbana. Una soluzione utile a riqualificare i territori urbani dal punto di vista ambientale e paesaggistico, ma anche socio-economico: l’area verde facilita la nascita di comunità che se ne prendono cura, di occasioni di animazione sociale e di opportunità micro-imprenditoriali.

Questa idea è stata da noi presentata nel 2013 nell’ambito di un altro progetto europeo (finanziamento LIFE) cui partecipavano il Politecnico di Torino, la Città di Torino e altri soggetti privati. La proposta non ha avuto successo ma l’idea è andata avanti, con tenacia ed entusiasmo. Nel 2015 è nata l’Associazione OrtiAlti, la cui attività ha avuto presto ampia risonanza, trasformandoci in partner di riferimento in questo settore.

Dopo soli due anni è nata l’opportunità di ProGIreg, progetto che ci dà l’opportunità di mettere in atto su vasta scala (a livello torinese ma anche europeo) la nostra idea e l’esperienza acquisita in questi anni. OrtiAlti è uno dei partner del progetto ed è molto attiva nelle attività di codesign e di realizzazione pratica delle attività di forestazione e biodiversità urbana.

Attraverso quale linea di fondi europei avete finanziato il vostro progetto?

Il progetto è finanziato dal programma Horizon2020, sottoprogramma Smart Cities and Communities, call SCC-02. Le sue attività sono ufficialmente iniziate a giugno e sono ora in corso di realizzazione.

Quali sono le difficoltà principali che avete incontrato nella presentazione del progetto?

La partecipazione ad un progetto come partner è molto più semplice rispetto ad una partecipazione come leader, in particolare se si tratta di grandi azioni come quelle finanziate da questa call di Horizon2020. Dunque il fatto di essere partner di un consorzio europeo molto ampio, di cui Torino è una delle città-pilota (ed in quanto tale molto rappresentata nella partnership) ci ha sicuramente facilitati.

La nostra principale difficoltà? Pur nel nostro ruolo di partner tecnici, abbiamo dovuto trovare soluzioni efficaci a problemi non semplici (individuazione e organizzazione degli spazi, modalità di messa in opera, impatto sulla comunità locale, ecc.) in un quadro più ampio (quello del progetto) dotato di regole, esigenze di partnership e tempistiche vincolanti. Ad esempio, le attività previste devono essere documentate e replicabili in altri paesi europei; devono essere condotte in coordinamento con gli oltre 30 partner pubblici e privati che partecipano al progetto in 8 città (7 europee ed una cinese); possono richiedere adattamenti in itinere (un’area urbana cambia molto nel tempo necessario alla presentazione, alla valutazione e all’avvio del progetto).

Si è trattato però di un grande esercizio di flessibilità e di adattamento che ha dato la possibilità di far emergere nuove soluzioni, pur restando la forza dell’idea di partenza e la sua capacità di convogliare le energie dei partner.

Cosa vi è stato più di aiuto in fase di preparazione del progetto europeo, e cosa consigliereste a chi vuole finanziare un suo progetto con fondi europei?

La nostra esperienza lo testimonia: per noi è stato assolutamente determinante credere nell’idea, farci riconoscere sul territorio per le nostre capacità, dimostrare l’efficacia delle nostre proposte innovative e coltivare una rete di soggetti sensibili a queste tematica, aspettando (e creando insieme) l’opportunità di farla diventare un progetto europeo.

Ovviamente, non è semplice per una piccola organizzazione partecipare a grandi bandi europei come la call Horizon2020 di cui è parte ProGIreg. In particolare per questo tipo di progetti, è importante potersi basare sul supporto di organizzazioni che hanno internamente competenze specifiche nell’ambito dell’europrogettazione, come ad esempio un partner più grande: è anche un ottimo modo per imparare!

Gli obiettivi non vengono sempre centrati al primo tentativo (come nel caso della nostra precedente esperienza LIFE) ma una buona idea e un buon lavoro di team, con il tempo e con la tenacia, sanno trovare il loro spazio anche nell’ambito di un progetto europeo.

Non aspettate il bando perfetto per coltivare il vostro progetto, ma credeteci voi stessi e mettetevi alla prova, prima ancora di convincere il vostro finanziatore o i vostri futuri partner!