Continuiamo l’analisi del processo di Brexit iniziata in un precedente post con un’interessante e doveroso approfondimento: quali saranno, operativamente, gli effetti della Brexit sui progetti europei?

Il principale discrimine nel rispondere alla domanda è tra un’uscita senza accordo tra Regno Unito e Unione europea (“no deal”) e un’uscita regolata da un accordo (al momento, consideriamo la versione più recente dell’accordo di ottobre 2019).

Il caso della Brexit con “no deal”

Molto probabilmente le organizzazioni britanniche verranno considerate alla stregua di organizzazioni di “paesi terzi” già a partire dai progetti attualmente in corso o in via di presentazione.

Un soggetto capofila del Regno Unito rischia dunque di non essere più ammissibile a ricevere finanziamenti e sovvenzioni nell’ambito di programmi comunitari, creando potenziali problemi a tutta la partnership.

Problemi simili potrebbero sussistere per partnership che includano un soggetto britannico, in particolare nel caso in cui le regole del programma limitino la partecipazione agli Stati membri dell’UE o prevedano la partecipazione di un numero minimo di organizzazioni di Stati membri. In questo senso, le regole potrebbero cambiare a seconda dei programmi e dei singoli bandi.

Tuttavia, per far fronte a questa eventualità e per i progetti già in corso, il Governo britannico ha istituito un fondo di garanzia per coprire i finanziamenti europei che andrebbero persi con la Brexit in caso di “no deal”.

Un’apposita pagina elenca i dipartimenti del Governo responsabili della continuità del finanziamento per i vari programmi comunitari e i contatti (o portali) di riferimento per i beneficiari. Specifiche pagine sono dedicate alla registrazione dei soggetti potenzialmente interessati a questo fondo di garanzia: per Horizon2020, per i Programmi di Cooperazione con i Paesi Terzi, per gli altri Programmi Comunitari, per i Programmi di Cooperazione Territoriale, per i Fondi Strutturali (FSE e FESR) e per i finanziamenti nel settore agricolo.

Consigliamo inoltre una pagina dedicata ai possibili effetti della Brexit sui progetti Horizon2020: utile (oltre a chi è interessato a questo programma) come esempio pratico dei criteri che potrebbero essere applicati ad una qualsiasi linea di finanziamento.

Il caso della Brexit “regolamentata”

Facendo riferimento alla versione più recente dell’accordo, la risposta è più semplice: in linea di principio, le organizzazioni britanniche potranno continuare a partecipare normalmente ai progetti dell’attuale periodo di programmazione (2014-2020), mentre avranno lo status di “organizzazioni di paesi terzi” per i progetti del prossimo periodo di programmazione (2021-2027).

Citiamo, a questo proposito, i seguenti articoli del suddetto accordo:

È probabile che le disposizioni generali del prossimo periodo di programmazione, oltre a quelle specifiche dei relativi programmi e bandi, contengano una più chiara indicazione riguardo all’ammissibilità delle organizzazioni britanniche.

Potrebbero quindi essere presi accordi di collaborazione specifici con il Regno Unito, simili a quelli che consentono la partecipazione ad alcuni Programmi europei da parte di Paesi EFTA, SEE e in pre-adesione.

In ogni caso, allo stato attuale, le indicazioni della Commissione europea confermano che non viene effettuata alcuna discriminazione nella valutazione delle proposte sulla base della nazionalità (britannica) dei soggetti proponenti e di considerazioni legate alla Brexit.

Sicuramente tutto questo complica l’attività di chi lavora e sviluppa progetti con organizzazioni del Regno Unito… ma ci auguriamo che questa spiegazione possa essere rassicurante e di aiuto nel superare i primi ostacoli!

Guida all’Europrogettazione vi terrà aggiornati sui prossimi sviluppi di Brexit nell’ottica della partecipazione a bandi per progetti comunitari!